descrizione

Perché gocce di armonia? Armonia significa sovrapposizione, incontro, combinazione di suoni diversi. Suonare insieme vuol dire anche ascoltare l'altro per potersi migliorare, per poter sentire la musica con l'altro, per poter costruire insieme. Questo è quello che cerco di fare con i miei studenti: creare armonia, insegnando quanto ascoltare e ascoltarsi sia importante per imparare e conoscere insieme, insegnante inclusa.
Speriamo di comporre, goccia dopo goccia, un mare di sinfonie …
Voglio ringraziare la mia amica Cristina per l'aiuto e l'incoraggiamento, senza di lei questo blog non avrebbe mai avuto inizio. Grazie Crì

Il materiale presente nel blog è stato pubblicato con il permesso dei genitori dei ragazzi.

28 febbraio 2013

IIIA Lontano dalla Patria: quando gli italiani erano gli immigrati

Prosegue il nostro viaggio sulla Patria. Vi ricordate come iniziò qualche mese fa il nostro percorso? Parlammo di eroi, una lunga serie di eroi del passato e del presente, ora è il momento di incontrare altri eroi, saranno nostri compatrioti o saranno uomini e donne venuti da lontano, ma sempre eroi "armati" di coraggio e di importanti bisogni, con sulla pelle la paura e in tasca poco o niente, uomini, donne, bambini spinti ad abbandonare il loro paese.




















Gente del passato, gente del presente, uomini e donne italiani, uomini e donne di paesi lontani, ma tutti accomunati da un unico destino: lontani dalla Patria, discriminati in terra straniera.

Parlando dei nostri migranti, amo sempre raccontare la storia del mio bisnonno, uomo coraggioso, capo di una famiglia molto numerosa e con una moglie forte. Lui , all'inizio del Novecento, andò in America diverse volte e a quel tempo non è che fosse proprio una passeggiata. Ogni volta salutava tutti i suoi figli e una moglie generosa e grande lavoratrice; ad ogni suo suo ritorno cercava di convincere questa grande nonna a partire, a lasciare tutto, a preparare le poche cose che avevano, prendere i loro figli e andare verso un nuovo continente. Angelina non volle mai partire. E io, anche grazie a lei, esisto.

Il primo passo fatto con i ragazzi è stato documentarci, quindi andare a studiare la storia degli emigrati italiani, dopo una breve introduzione, loro compito è stato quello di cercare alcuni dati utili per poter poi approfondire. 
Partendo dalle quattro fasi dell'emigrazione italiana (1861 – 1876; 1876 – 1915; 1916 – 1940; 1946 – anni ‘60/’70), hanno risposto ai seguenti quesiti:
- da quali regioni partivano gli italiani?
- quali erano le loro mete?
- quali i bisogni causa della loro partenza

L'EMIGRAZIONE ITALIANA (FILE)

Proviamo ora ad approfondire

La partenza








la miseria




il viaggio 

il naufragio del Sirio

viaggio in terza classe





sotto coperta












Titanic, Francesco De Gregori



Titanic - il film





La leggenda del pianista sull'oceano - film tratto dal monologo Novecento 
di Alessandro Baricco

“La guerra era finita, il lavoro non c’era e tutti parlavano di emigrare in Argentina o in Canada, anche perché si sentiva che all’estero si guadagnavano tanti soldi” (Sergio Miuzzo, emigrato in Venezuela dal 1949 al 1987).
 “Io mi ero messo come artigiano e facevo carpenteria in ferro e idraulica, ma non venivo pagato dai clienti e stavo passando un periodo senza lavoro” (Davino Visentin, emigrato in Canada dal 1966).
 “Tutti avevamo lo stesso bisogno di mangiare e guadagnare e qui non c’erano lavori. Mio padre faceva il muratore, aveva due campetti in affitto e tre figli. Io ero il più grande e qualcuno doveva partire” (Remigio Visentin emigrato in Belgio dal 1946 al 1951).
 “Fin da bambino seguivo il padre nel lavoro dei campi, avevo 4–5 anni […] Era una vita grama, scandita da regole severe di ristrettezze estreme, da rinunce continue. Così allora si lavorava a “mezzadria”, chi aveva ragione era il “padrone” che spesso trattava i propri coloni come servi della gleba, senza alcuna considerazione né umanità.[…] Andando a salutare le sorelle suore, venni a conoscenza che un parente di una loro consorella […] cercava un giovane contadino deciso ad espatriare per farne un fattore…” (Giovanni Ferraro emigrato in Perù dal 1954 al 1964).
 “Quando è morto [il marito] nel 1957, mi ha lasciato due figli piccoli, tre campi di terra ed una pensione di 12.000 lire al mese. Non si poteva certo vivere […]. Allora, dopo qualche anno, ho deciso di partire. Non era la prima volta perché da ragazza, nel ’47, ero già andata in Svizzera a lavorare in una casa privata. [… ] su consiglio del parroco ho messo i figli in collegio. […] Ritornavo in Italia ogni due o tre mesi ma ogni volta che ripartivo il figlio si attaccava alle mie gonne e piangeva.” (Elisa Forner Gazzola emigrata in Svizzera dal 1961 al 1985).


testimonianze degli emigrati italiani sono tratte da, A. Manesso (a cura), L’emigrazione Trevigiana e Veneta nel mondo, Istresco, Treviso 2010.






I clandestini italiani











L'arrivo













L'accoglienza


E poi? La vita in un nuovo paese, spesso tutt'altro che accogliente, non era semplice. Cercare una casa, un lavoro e insieme subire soprusi a causa di forti pregiudizi.


Occhio zio Sam: sbarcano i sorci!







Ecco come vengono descritti gli italiani nei giornali.
Non c’è mai stata da quando New York è stata fondata una classe così bassa e ignorante tra gli immigrati che si sono iversati come gli italiani. Essi sono quelli che rovistano tra i rifiuti nelle nostre strade, i loro bambini crescono in luridi scantinati, pieni di stracci e ossa, o in soffitte affollate, dove molte famiglie vivono insieme, e poi vengono spediti nelle strade a fare soldi e […]. I genitori sono del tutto indifferenti al loro benessere e non hanno il minimo interesse per la loro istruzione.”
 “Abbiamo all’incirca, in questa città, trentamila italiani, quasi tutti provenienti dalle vecchie province napoletane, dove, fino a poco tempo fa il brigantaggio era l’industria nazionale. Non è strano che questi briganti portino con sé un attaccamento per le loro attività originarie.”

[sono] briganti, lazzaroni, fannulloni, corrotti nell’anima e nel corpo. […] Se il boicottaggio vale a qualcosa, è in questo caso degli italiani che debbasi applicare. Siamo certi che i nostri capitalisti non ricaveranno beneficio alcuno dall’importazione di queste locuste.”

Si suppone che l’italiano sia un grande criminale. È un grande criminale. L’Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti. […] Il criminale italiano è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto.
[…] Di regola, i criminali italiani non sono ladri o rapinatori – sono accoltellatori e assassini.”

Lo stereotipo dell’italiano violento era frequente anche nella stampa francese: “La coltellata era stata inferta all’italiana, il che vuol dire che l’assassino aveva fatto girare il coltello nella ferita, in modo che la punta lacerasse le viscere. Gli intestini erano stati perforati in modo raccapricciante ed i soccorsi erano stati inutili.”


Insomma possiamo parlare di xenofobia bella  e buona, gli italiani sono mafiosi, sporchi, ladri, assassini, sono troppi, gentili con i negri, bevono e provocano risse.
Questo porterà a linciaggi sommari, senza processi o con processi, come nel famoso caso di Sacco e Vanzetti, ma senza prove.


  di Woody Guthrie

Vieni insieme a me nel 1913
A Calumet, nel Michigan, la terra del rame.
Ti porterò in un posto chiamato “Casa Italiana”
Dove i minatori stanno facendo la loro gran festa di Natale.

Ti farò passare per una porta, e in cima a uno scalone
Si sente dappertutto cantare e ballare.
Ti farò stringer le mani alla gente che vedi,
E guardare i bimbi che ballano attorno al grande albero di Natale.

Poi chiedi del lavoro, chiedi dei salari,
Ti dicono che prendono meno di un dollaro al giorno
Lavorando per soddisfare le richieste di rame, rischiando la vita,
E allora è così bello passare il Natale con le mogli e i figli.

Si parla, si ride, risuonano canzoni
C'è lo spirito natalizio, là, in ogni parte.
Prima ancora di saperlo sei già amico di noi tutti
E ti metti a ballare e a girare nella sala.

Beh, una bimba si siede vicino all'albero di Natale illuminato
A suonare il piano, e allora devi stare zitto.
E in mezzo a questa gioia non immagineresti proprio
Che gli sgherri assassini dei minerari, là fuori, stanno tramando qualcosa.

Gli scherani dei minerari s'intrufolarono attraverso la porta
E uno di loro gridò a squarciagola: “Al fuoco! Al fuoco!”
Una donna allora urlò: “Ma non c'è proprio un bel niente!
Continuate a far festa, non c'è proprio un bel niente!”

Qualcuno si precipitò fuori, ma erano solo in pochi:
“Sono solo gli sgherri e i crumiri che vi prendono in giro!”
Un uomo afferrò sua figlia e la portò giù di sotto,
Ma gli sgherri tenevano la porta e non poté uscire.

E poi arrivano altri, un centinaio e più,
E quasi tutti rimasero a terra.
Gli sgherri ridevano di quel loro scherzo assassino,
Mentre i bimbi soffocavano sulla scala vicino alla porta.

Una scena così terribile non l'ho mai veduta.
Riportammo su i nostri figli, al loro albero di Natale.
Là fuori gli sgherri ancora ridevano del loro tiro,
E i bambini che morirono furono settantatré.

Il piano suonava una lenta marcia funebre,
E la città era illuminata da una fredda luna di Natale.
I genitori piangevano, e i minatori singhiozzavano:
“Guardate che ha fatto la vostra avidità di denaro.”



Sacco e Vanzetti, i capri espiatori
Nella foto, gli anarchici Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Pugliese il primo, piemontese il secondo, furono arrestati il 5 maggio 1920 con l'accusa di avere commesso una sanguinosa rapina. Le prove, in realtà, erano piuttosto fragili per non dire inesistenti e il loro processo, parte di una durissima campagna repressiva contro la "sovversione" voluta dal presidente Woodrow Wilson e venato di una profonda xenofobia, scatenò reazioni in tutto il mondo. Al punto di far dire a Vanzetti subito dopo la lettura della sentenza di condanna a morte <Mai vivendo l'intera esistenza avremmo potuto sperare di fare cosi tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione tra gli uomini>. Furono giustiziati il 23 agosto 1927. Per essere riabilitati avrebbero dovuto attendere il 1977. 






Here's to you Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph!





Per ulteriori approfondimenti consiglio il sito e il libro L'orda


Little Italy

Pane
di Nino Sassi Giovenale

Parla tutto straniero qui,
le case, le strade,
le insegne dei negozi,
la gente.
Sto qui ma non capisco
e sorrido quando parlano,
mimo,
raccontando in italiano
quello che chiedo:
pane, pane.









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